Cambogia, appunti di viaggio. Di Giorgio Pesenti

27 novembre – 8 dicembre 2013. Sono in volo con mia moglie Serena per Singapore con destinazione finale Siem Reap città simbolo della Cambogia con i suoi misteriosi templi Khmer, dalle mie conoscenze con l’ausilio di internet posso considerare che l’ultimo regime dei Khemer, oltre a voler azzerare la popolazione della Cambogia, ha distrutto tutta la storia di questo popolo e dei suoi templi. Che fortuna realizzare questo viaggio per conoscere attraverso le persone cambogiane qualche scampolo di passato e presente di questa nazione asfissiata per secoli da avidi regnanti senza scrupoli. Dopo aver finito di leggere un quotidiano italiano resto quasi annegato nel bombardamento sulla decadenza, un tormentone infinito, nulla di personale contro la persona del tormentato ma… basta! È ora di pensare di volare in alto altrimenti finiremo per camminare all’indietro proprio come i gamberi. In aeromobile sono attorniato da persone europee e asiatiche, e finalmente lontano dal rissoso stivale mi sento finalmente una persona in cerca della libertà di volare, pensare e sognare senza martellanti condizionamenti. Lo scopo del mio viaggio è la corsa podistica più importante della Cambogia, una mezza maratona inserita nella foresta intorno ai templi di Angkor Watt, la finalità di questa gara, oltre l’aspetto sportivo, è umanitaria: sensibilizzazione l’opinione pubblica mondiale sullo sminamento dei territori cambogiani e la proibizione della fabbricazione e la commercializzazione delle mine antiuomo. Questi strumenti di morte e mutilazione sono segno di decadenza della psiche di alcuni esseri umani che per la loro insaziabile sete di potere a ogni costo hanno fatto esplodere e continuano ancora a seminare paura, morte e mutilazioni.

Venerdì 29 novembre alle ore 12,00 qui a Siem Reap la temperatura sale a 32° C.
E’ iniziata la fantastica avventura di questa 18ª edizione della mezza maratona internazionale di Angkor Wat, stamattina sveglia con un cielo azzurro brillante e una temperatura subito calda umida, alle 07,00 sgambata di 40 minuti per saggiare l’atmosfera gara, e subito è diventata molto scottante, sia per l’adrenalina andata in circolo e sia per il termometro già molto caloroso di primo mattino. Terminata la colazione via al ritiro dei pettorali e della maglietta celebrativa, poi di corsa a visitare Angkor Wat Temple intorno al lago Tonle Sap, impressionanti questi reperti archeologici di Angkor immersi e parte integrante della foresta, queste città fortificate vennero erette dai vari regnanti succeduti con il trascorrere dei millenni dell’impero cambogiano. Per il popolo cambogiano questi templi sono anche luoghi sacri, il loro culto religioso ha anche tante identificazioni e idolatrie, attualmente nei templi ci sono molte statue in pietra raffiguranti Budda, rivestite con stoffe pregiate di colore giallo oro e incensate in continuazione da pellegrini in preghiera. La foresta fa corpo unico con i resti dei templi, le radici delle altissime piante presenti legano le varie strutture in un abbraccio indissolubile; che fantastici incontri che si fanno durante la visita a questi templi, abbiamo incontrato scimmie e cinghiali, la Cambogia è favolosa, ti stupisce in ogni angolo.

Vigilia half marathon ad Angkor Wat. Sabato 30 novembre. Ovunque running Italia se ci sei batti un colpo, le aquile Valetudo ci sono.
Altra giornata meravigliosamente interessante qui in Cambogia, la vita quotidiana a Siem Reap inizia molto presto, come in tutto il resto della Cambogia, alle 7 del mattino i bambini sono già tutti a scuola e chi deve andare a lavorare nei campi ci va all’alba perché qui in Cambogia, anche se non è più estate, le temperature dopo mezzogiorno raggiungono la soglia dei 30 gradi con molta facilità, oltre al calore qui si combatte con un’umidità molto alta. Oggi abbiamo visitato altri due templi, il Beng Melea e il bellissimo tempio rossastro di Banteay Srel, quest’ultimo è ben conservato e molte strutture sono arrivate a noi visitatori ancora nel pieno dello loro bellezza architettonica squadrata alla perfezione. Il viaggio nella foresta per arrivare ai templi è risultato assai toccante dal punto di vista umano, abbiamo attraversato molti villaggi, esistono poche case in muratura, in maggioranza le dimore sono su palafitte, questi alloggi sono molto spartani e sono stati costruiti con estrema economia data la povertà; i tetti, se va bene, sono ricoperti da lamiere; invece, quelli dei più poveri (queste persone guadagnano a malapena 1 o 2 dollari al giorno), sono ricoperti con della paglia, per cui nel periodo estivo, quando il sole è arroventato e si sfiorano i 50° C, queste palafitte diventano infuocate ed è quasi impossibile viverci, come pure del resto quando piove; per necessità di sopravvivenza le persone se ne devono stare sotto il pavimento della palafitta a contatto con il terreno e occupando di conseguenza la zona in ombra. E domani è un altro giorno e finalmente si corre, ovviamente ci aspetta una levataccia, la half marathon parte alle 06.30 mentre le gare promozionali di 10 e 3 km hanno lo start alle ore 06.40, per questo motivo i nostri cellulari avranno il compito di svegliarci alle ore 04.30, quando in Italia saranno ancora le 22.30.

Stamattina 1 dicembre 7800 runners hanno invaso i margini della foresta del parco di Angkor Watt, in antichità i tetti dei templi erano ricoperti d’oro, per la 18ª edizione della Half Marathon con una temperatura di primo mattino già estiva-tropicale, ma fortunatamente per gli atleti non era presente la solita cappa di afa tipica di questa zona asiatica che toglie il respiro. Ci siamo alzati alle 04,30, abbondantemente prima dell’alba, e con gioia ci siamo organizzati per la partenza di questa mezza maratona cambogiana, la manifestazione prevedeva anche due percorsi piu brevi di 10 km e 3 km, questo trasferimento in bus è stato uno spettacolo irripetibile dal fascino orientale, lasciata la città di Siem Reap, in venti minuti siamo arrivati nelle vicinanze del ritrovo, ai nostri occhi ( eravamo 13 runner desiderosi di rappresentare l’Italia podistica), si è presentato un festoso e variopinto serpentone formato da una miriade di moto-carrozzelle intervallate da bus stracolmi di gente e ciclisti con biciclette di tutti i tipi, in maggioranza questi ultimi mezzi di locomozione si sono presentati molto datati e assai arrugginiti. Con il trascorrere dei minuti sono arrivati i primi raggi di sole, questi getti luccicanti hanno acceso i riflettori sull’entusiasmante half di Angkor Watt.
Chi arriva in Cambogia per correre la mezza maratona lo fa per tre motivi. Il primo motivo è di contribuire, con il costo dell’iscrizione, a favorire lo sminamento di molti territori situati sopratutto ai confini della Thailandia e ad aiutare economicamente alla sopravvivenza i mutilati. L’ultima dittatura Khmer di Pol Pot, terminata nel 1979, ebbe la poco simpatica idea di minare i confini con la Thailandia questo per non far scappare i cambogiani che volevano fuggire dal massacro (questo sanguinario regime uccise brutalmente un terzo della popolazione); in quegli anni la Thailandia era una roccaforte a stelle e strisce. Secondo motivo, correre in piena libertà su questo tracciato storico, tutto disegnato nel parco di Angkor Watt, un vero patrimonio dell’umanità; mentre il runner fatica con l’apparato muscolo scheletrico il campo visivo è continuamente alimentato da queste immagini di città fortificate amalgamate in un corpo unico con la foresta, le caratteristiche architettoniche dei templi risultano misteriose e hanno molti angoli mistici e religiosi, in questi templi ci sono dei particolari spazi, con gigantesche statue allineate una dietro all’altra, come dimostrazione tangibile della continua lotta tra il bene e il male. Nel corso dei secoli qui ad Angkor i demoni avevano sempre trovato nell’immaginario umano una fonte di calamita morbosa dell’anima dei malvagi, infatti in alcune strutture anticamente sono state demolite addirittura tutte le statue di Budda. Il terzo motivo per raggiungere questa gara è il clima di festa che contraddistingue tutti i 21 km della competizione, compresi i tracciati per la 10 e la 3 km; i cambogiani ammirano tutti i runner perché, abituati per millenni ad essere sottomessi, trovarsi in casa tanti stranieri che vogliono condividere con i podisti cambogiani questa half è diventata, edizione dopo edizione, una vera festa sportiva nazionale; quella di oggi 1 dicembre è una manifestazione eccezionale sotto l’aspetto sportivo e umano, e per questo nobile motivo ai bordi del percorso ti trovi miglia e miglia di manine di bambini protese a cercare un contatto con i corridori. Una corsa che ha riempito di gioia i nostri cuori fino quasi a scoppiare, e con orgoglio tutti noi italiani, con la regia di Lollo e la guida italo-cambogiana Alessandro, abbiamo indossato una maglietta o una canotta azzurra: oggi l’Italia qui ad Angkor Watt voleva essere presente!

Angkor Wat i risultati. Nella Half marathon di km 21: 1^ Tang Vivian Singapore in 1h27’28”, 2^ Agura Jannette Filippine 1h31’41”, 3^ Cutler Charlotte Inghilterra 1h33’36”. Classifica maschietti 1° Onozuka Minoru Giappone 1h16’10”, 2° Attamini Assad Australia 1h17’40”, 3° Geithner Peter Stati Uniti 1h18’20”. Per il gruppo di italiani con la maglia azzurra Ovunque Running, l’aquila Valetudo Skyrunning Italia con il 68° posto è primo italiano sul finish in 1h37’00”, 2° il meranese Abram Luciano 1h44’05”, 3° il piemontese Luciano De Flaviis 1h59’44”, 414^ la piemontese Pasquino Gabriella 2h13”18”, 630^ e 1114° due runners dall’Emilia Romagna con il time di 2h25’09”, i cugini Rossi Luisa e Tiozzo Angelo. Nella half marathon si sono classificate 1151 donne e 1472 maschietti per un totale di 2655 podisti. Nella gara sui 10 km: 1^ Makinen Heidi Finlandia time 44’37”, 2^ Mingkwanphothong Kanokporn Thailandia 45’57”, 3^ Chavanel Canada 46’38”, nella competition maschile 1° Parekh Anand Stati Uniti 38’04”, 2° Chambers Jamie Inghilterra 38’23”, 3° Sophorn Leng Cambogia 41’42”. Per il gruppo italiano di Ovunque Running: 819^ Fiorentini Laura 1h47’53”, 820^ Gamba Serenella 1h48’01”, 831^ Turkhan Lesia Ukraina residente in Italia 1h50’46”, 832^ Vismara Stefania 1h50’41”, 938° Monti Roberto 1h50’44”, 834° Merelli Elisa 1h50’54”, 939° Ricciulli Mauro 1h50’56”. Nella 10 K si sono classificate 868 donne e 970 uomini per un totale di 1839 podisti.
Il nostro gruppo Italiano è orgoglioso e felice di aver contribuito a finanziare le numerose onlus presenti sul territorio cambogiano per la pulizia delle mine antiuomo e per l’aiuto finanziario ai componenti delle famiglie colpite da questa pratica criminale dell’ultimo regime Khmer di Pol Pot, ho visto con i miei occhi, sulla spiaggia di Sihanouk Ville, un uomo cambogiano arrancare sulla spiaggia con quel poco gli restava delle sue gambe dopo essere saltato per aria su una mina, vi risparmio la descrizione di questa scena disumana.

Viaggio fluviale da Siem Reap a Battambang. Tra modernità e vita fluviale rimasta agli albori delle comodità.
Oggi lunedì 2 dicembre viaggione di quelli che lasciano il segno nella mente e sopratutto nel cuore, un’immersione di quasi sette ore nei canali che nascono e defluiscono nel lago di Tonle Sap della fiera ed operosa nazione cambogiana. Tutto il nostro gruppo di atleti e accompagnatori è rimasto stupito e amareggiato nell’osservare la povera realtà della vita quotidiana delle numerose persone che vivono sulle palafitte o addirittura sulle barche, il sostentamento di questa popolazione è derivato solo dalle attività di pesca e dal passaggio dei turisti (pochi a dir la verità). Lasciato il porticciolo di Siem Reap in pochi minuti siamo arrivati nella foresta fluviale dove cresce un’eccezionale quantità di mangrovie, questo è un luogo accessibile solo grazie alla bontà delle persone che risiedono sulle rive del lago e dei relativi canali naturali, queste vie di comunicazione sono fondamentali per la vita stessa della popolazione. Essi, con uno sforzo quasi sovrumano, riescono a tenere sgombre le vie essenziali per la loro sopravvivenza. I cambogiani del fiume non hanno decespugliatori o mezzi agricoli meccanici, allargano e sistemano le vie con il solo lavoro manuale di accetta, segnalando il percorso con le bottiglie vuote di plastica appese a qualche ramoscello. Queste famiglie di pescatori, nonostante la povertà, sono molto cordiali e i bambini come intravedono un barcone di turisti iniziano a salutare in modo festoso con un visino sempre sorridente, sono vestiti in modo decoroso senza la nostra smania di avere i capi firmati all’ultima moda. Anche in questa zona la totalità delle palafitte sono state costruite con materiali derivati quasi esclusivamente dalla natura, il materiale largamente usato è il legno, le coperture dei tetti, se il capo famiglia ha possibilità finanziarie, è di lamiera o assi di legno. Chi è indigente al massimo si può permettere il tetto di paglia o con pezzi di teli di plastica o di stoffa. Per raccontare in forma più verosimile questa informazione riguardante le abitazioni dei sorridenti cambogiani, vi posso garantire che i casotti italiani a fianco degli orti che servono per custodire gli attrezzi sono costruiti in modo migliore. Chi invece non ha la possibilità di costruirsi una palafitta ha un solo modo di vivere, risiedere sulle proprie barchette di pesca, è impressionante osservare i momenti di vita di questi cambogiani sulle barche alloggio, in pochi metri quadrati pescano, fan da mangiare, dormono, stendono i panni ad asciugare, è curioso anche il modo in cui appendono le padelle e gli utensili da cucina. È una realtà molto cruda da osservare. Ad un certo punto della navigazione, da una palafitta ci è arrivato un saluto molto forte e cordiale, erano i bimbi di una scuola all’aperto che con il loro maestro ci facevano festa, proprio incredibile! Osservando senza mai affaticarci e tra centinaia di scatti fotografici siamo arrivati a destinazione a Battambang, una città con una forte impronta architettonica francese.

Phom Penh
Oggi 3 dicembre il nostro viaggio è proseguito da Battambang verso la capitale di Phom Penh, in gergo ciclistico questa lunga escursione in bus è paragonabile ad una tappa di trasferimento. Durante l’attraversamento dei villaggi mi sono chiesto come mai non si notavano persone attempate. Dopo alcuni istanti la mia curiosità si è trasformata in domanda alla nostra guida Alessandro, un cittadino cambogiano con origini in Alto Adige. Immediatamente Alex mi risponde: non ci sono cambogiani anziani perché sono stati uccisi dall’ultimo regime totalitario andato fortunatamente a morire nel 1979. Questi Khemer prelevavano dalle famiglie sopratutto i maschi per eliminarli e fiaccare così più in fretta la resistenza al regime. Milioni di persone trucidate per il solo torto di essere nati prima degli altri. Che orrore devono aver disseminato i Khmer in Cambogia dal 1975 al 1979. Proseguiva Alessandro: ne hanno combinate di molto grosse. Un esempio su tutti è stata la cattura dei bambini privandoli della libertà di vivere in famiglia. Questi piccoli esseri umani venivano strappati dai genitori appena erano capaci di cavarsela da soli, questi bimbi non venivano neanche registrati perché dovevano servire in toto alla causa dei comunisti Khmer. È stata una delle peggiori forme di schiavitù di tutti i tempi, uccidere gli anziani e privare i bambini della libertà della loro vita per un’ingabbiatura diabolica di tutta la società. La trappola mortale dei Khemer è stata completata dalla barriera costruita con le mine antiuomo sistemate al confine della Thailandia per evitare la fuga verso la libertà. Questi Khemer di Pol Pot, per cancellare la storia e la cultura, hanno addirittura distrutto tutte le biblioteche azzerando la lunga storia del popolo cambogiano. Uccidevano tutte le persone che portavano gli occhiali perché pensavano che questi erano troppo colti e di conseguenza con il loro sapere potevano disturbare la loro missione di morte e distruzione.

La visita alla capitale è paragonabile a un miracolo della modernizzazione rispetto al resto della nazione, ci vivono 3 milioni e mezzo di persone, il centro è un copia incolla di una metropoli del mondo occidentale industrializzato, al centro scorrono vari fiumi canalizzati che vanno ad ingrossare il famoso corso d’acqua del Mekong, nel centro città si trovano dei lussureggianti giardini, al loro fianco scorrono delle vie stradali molto trafficate, si notano gipponi di notevole valore, macchine berline lussuose, un’infinità di motorini stracarichi di persone (rientra nella normalità che il conducente possa caricare sulla sella tre persone) e infine circolano una montagna di biciclette. A proposito, in Cambogia non sono necessari per la circolazione stradale né la patente, né l’assicurazione né il bollo auto e per finire, per chi acquista un’auto o un mezzo di locomozione a motore, l’immatricolazione del mezzo avviene nell’arco di tre mesi, questi possono quindi tranquillamente circolare senza targa per tutti e tre i mesi. Per la parte edilizia nella capitale sono presenti case ed edifici di ottima fattura costruttiva, molto moderni direi, anche avveniristici, centralmente sono presenti molti palazzoni di notevole altezza, in questo contesto edilizio sono inserite le eleganti ambasciate, uffici, hotel, boutique, ristoranti, bar e fornitissimi negozi alimentari, e infine ci sono svariati punti vendita di tecnologie di ultima generazione. Nella zona nevralgica è sito il palazzo reale, visitando l’area pubblica risalta la ricchezza del regno, la costruzione dell’immenso palazzo è di grande valore architettonico tradizionale, i colori dominanti sono il bianco e l’oro, all’interno in varie strutture sono inseriti oggetti della vita reale del passato e del presente, la centralità comunque di tutti i vari edifici che compongono il palazzo è la raffigurazione di Budda con statue o scene della sua vita spirituale, nella zona centrale del palazzo non poteva mancare un giardino botanico. Dopo il palazzo reale è obbligo passare al museo nazionale dove sono custoditi preziosi reperti archeologici in pietra, con statue e scene di vita del potente impero Khemer che si estendeva al di fuori dei confini attuali della nazione e comprendeva la Thailandia, il Laos, il Vietnam meridionale, questo antico regno conquistatore aveva nei forzieri ricchezze molto cospicue.

Terza e ultima tappa, ahimè! Ci siamo recati in pellegrinaggio al Genocide Museum, in questo luogo di martirio, di questi luoghi di sterminio in tutto il paese ne esistevano 160, vennero imprigionati negli anni che andavano dal 1975 al 1979 i cambogiani destinati ad essere torturati e massacrati dai Khemer di Pol Pot per il solo fatto di essere stati partecipi della comune vita di quei tempi. La pazzia del regime di Pol Pot consisteva nell’instaurare un regime comunista totalitario senza nessuna proprietà privata, assenza di denaro in qualsiasi forma e proibizione del culto religioso, per cancellare tutto il passato hanno distrutto: libri, studi, la tradizione. Per ottenere questo demoniaco sistema politico, Pol Pot voleva azzerare la popolazione con l’uccisione di tutti i cambogiani testimoni dei vecchi regimi. All’interno del museo del genocidio sono perfettamente conservate le funeste celle di detenzione, sono ancora presenti le reti arrugginite che servivano come letto in attesa della tortura-sacrificio, i poveri condannati erano legati con una pesantissima catena, l’unico arnese che i condannati avevano la possibilità di avere al loro fianco era il contenitore degli escrementi. Sono allucinanti gli schizzi di sangue che si notano ancora adesso sulle pareti di questi diabolici locali. Dopo la visita delle celle i visi di tutti i componenti del nostro gruppo si sono sbiancati e il cuore è andato in panne, per fortuna che nessuno di noi soffriva di mal di cuore altrimenti non era remota la possibilità che qualcuno ci rimanesse secco. In questi luoghi di annientamento abbiamo visto i vari strumenti di tortura, inimmaginabili, inqualificabili, laceranti solo alla vista, se questi marchingegni di tragiche e dolorosissime morti non le avessimo avute lì davanti ai nostri occhi non ci avremmo mai creduto, è inaudito e incomprensibile che degli esseri umani abbiano pensato e costruito queste macchine di morte. E per finire abbiamo visto alcune serie di foto tragiche dei condannati, con gli occhi che scoppiavano dalla paura, intervallate da foto e dipinti delle scene dei massacri di massa e delle fosse comuni, uno scempio disumano, animalesco non lo definirei, ma diabolico sì. Due immagini mi hanno colpito profondamente, raffiguravano due mamme disperate che venivano derubate dei loro figlioletti, uno veniva ucciso con un colpo di fucile mentre veniva lanciato nel vuoto e l’altro invece veniva scaraventato contro una pianta. Nell’ultimo stanzone due enormi vetrine mostravano una montagna di ossa prelevate dalle fosse comuni, 3 milioni e mezzo i cambogiani massacrati in questo modo. Sette i superstiti di questa macabra pazzia umana che hanno il doloroso compito di raccontare questo eliminazione di massa in nome del comunismo di Pol Pot.

Finalmente tre giorni di relax a Sihanouk Ville. Spiagge selvagge e mare incontaminato. Una cittadina portuale e turistica in piena crescita.
Il nostro viaggio in Cambogia è terminato con il soggiorno nella cittadina portuale di Sihanouk ville, una bella località turistica e commerciale affacciata su grande golfo che si estende fino alla Thailandia. Al largo di Sihanouk Ville ci sono numerose isole che rendono questo luogo molto esclusivo e attraente dal punto di vista turistico, i bagnanti che si incontrano provengono da tutta l’Asia e in quantità minore dall’Europa. Qui si possono fare una quantità di sport acquatici ed escursioni sia via mare e sia via terra nella zona fluviale della giungla, e per chi ama correre e passeggiare, la bella spiaggia offre una possibilità di movimento in assoluta libertà. Per chi ama il running questo lungo arenile è a dir poco fenomenale, si può correre per chilometri su una sabbia color avorio, la compattezza della sabbia bagnata è molto solida per cui il running è fattibilissimo e in alcuni tratti sembra proprio di correre su una bella pista battuta su neve, questa considerazione da stazione turistica invernale viene meno quando un’onda fragorosa ti spruzza sul corpo un po’ di schiuma bianca di tiepida acqua marina. Qui a Sihanouk ho visto il record massimale di trasporto su di un motorino; ero con mia moglie Serena a passeggio sull’arteria stradale principale che raccorda per le varie località di Sihanouk e per il gran vociare, i nostri sguardi sono stati attratti appunto da un motorino che si stava fermando all’entrata di una scuola e sgranando gli occhi dallo curiosità abbiamo visto scendere dal piccolo motociclo quattro ragazzi delle scuole elementari, tutti in perfetta divisa bianca e blu, felici, con la cartella in spalla. Siamo scoppiati in una lunga risata anche perché l’adulto che conduceva il motorino portava il casco mentre i ragazzini non avevano nessuna protezione.

La Cambogia rosa
Viaggiando in Cambogia si può notare la buona volontà di tutta la popolazione di lavorare e progredire verso una società sempre più industriale e con un’apertura culturale da far invidia a molte nazioni occidentali. C’è da considerare che la Cambogia è vicina all’equatore, per cui anche in inverno qui il termometro va mediamente sui + 30 gradi centigradi e in piena estate la temperatura si aggira vicino ai 50 gradi, per cui lavorare nei campi sotto il sole e nelle fabbriche senza l’aria condizionata è molto molto dura; si può solo che apprezzare le qualità del giovane popolo cambogiano. Seconda considerazione doverosa, in Cambogia non ci sono molte possibilità di un’abbondante e varia alimentazione, i lavoratori hanno solo una possibilità (se riescono a racimolare un po’ di soldini), acquistare i fantastici prodotti della loro terra e dei loro fiumi, qui i loro poveri pranzi sono a base di riso, pesce e qualche frutto, banane, ananas, cocco e papaya. I condimenti non esistono: non riesco a capire come facciano i lavoratori cambogiani a resistere per ore e ore nelle loro mansioni senza crollare a terra esausti; qui l’obesità non esiste! Un esempio di come madre natura non abbia certo aiutato questo eccezionale popolo: in tutti gli angoli rurali e pure in città dove cresce un po’ d’erba vengono allevate numerose mucche, ma anche loro soffrono la natura molto povera, sono magrissime e per la loro particolare genetica non producono il latte, un’altra beffa della natura. Ma veniamo al dunque del perché la Cambogia è al rosa. Bisogna osservare l’entrata e l’uscita dalle fabbriche presenti nelle vicinanze delle città principali, qui si producono in gran quantità capi di vestiario, scarpe e birra. Le maestranze operaie sono tutte di sesso femminile, migliaia, tutte donne giovani e esili ma con una forza incredibile, in silenzio e con una compostezza quasi surreale raggiungono il posto di lavoro stipate su tutti i mezzi di trasporto che trovano, sui cassoni di vecchi camion, salgono a decine e si dispongono in piedi una accanto all’altra, praticamente è come vedere delle scatole di sardine messe in verticale, sicurezza per questi arcaici sistemi di trasporto, zero! E perché solo donne? Dicono che le donne cambogiane sono più affidabili degli uomini, io le ho immaginate al loro arrivo nella loro umile palafitta, sotto di nuovo a lavorare, ad accudire i figli, spazzare casa, e andare al mercato a fare la spesa con in tasca mezzo dollaro se tutto va bene, GRANDI! Davvero eccezionali le donne della Cambogia.

Giorgio Pesenti
Valetudo Skyrunning Italia

(Credit photo: valetudo Skyrunning Italia e Rosa)