Piccoli campioni crescono (o almeno dovrebbero)

Un grande applauso a tutti quei ragazzi che hanno partecipato alle Olimpiadi di Sochi. Bravi quelli che hanno vinto una medaglia. Bravi quelli che l’hanno solo sfiorata. Bravi quelli che hanno concluso le loro prove dando il meglio di sè anche se il tanto ambito risultato non è arrivato.

La critica, piuttosto, la rivolgo ai giornalisti in primis, che continuano a definire come “scarsi” certi risultati come la cosiddetta medaglia di legno. Scusate, ma il quarto posto non è una medaglia di legno, è un ottimo risultato, che lascia sì un po’ di amaro in bocca, ma se ottenuto dando il massimo è comunque una piazza d’onore. O come quel giornale senza far nomi che dopo la staffetta del 5° posto titolava a caratteri cubitali: “l’Italia va a fondo”. No, l’Italia non va a fondo, è arrivata 5ª alle spalle di paesi di “giganti” che, al contrario del nostro, credono ancora in certi sport. Ha sfiorato il podio con dei grandi ragazzi che ci hanno provato fino alla fine a tenere il passo dei più forti. La colpa, cari giornalisti, è anche un po’ vostra, se siamo “costretti” a puntare sempre sugli immensi quarantenni Giorgio Di Centa e Armin Zoeggeler, e anche altri. Nessuno si chiede come mai nazioni come l’Australia che non sa neanche cos’è la neve ha più medaglie dell’Italia? O perché piccoli paesi come Olanda e Svizzera ci surclassano nel medagliere? La colpa è anche un po’ vostra se in Italia non si fa altro che parlare di calcio, bello sport sì, ma non c’è solo quello. Per non parlare di mamma Rai, che non sa trovare, nell’arco di 24 ore, mezz’ora da dedicare ad un avvenimento tanto importante come le olimpiadi. Calcio da mattina a sera. Due canali di sport per trasmettere, tra una partita e l’altra, o il campionato 1980 o la partita di biliardo, senza nulla togliere a questo sport.

Non sarebbe forse il caso di tornare ad incentivare questi sport a livello giovanile come si faceva una volta, con i famosi Giochi della Gioventù? O come per lo sci il Pinocchio? Una volta eravamo la culla dell’atletica, del ciclismo, dello sci, adesso siamo la patria dei Balotelli che non fanno altro che parlare di sè e delle loro veline. Coadiuvati da giornali e tv.

I ragazzi che si buttano negli sport “minori” sono sempre meno, sempre più incentivati a seguire come esempio i sopracitati, sempre più convinti che per avere successo e fama nella vita la strada da seguire sia quella. Poi ci sono i genitori. Cari genitori, dobbiamo insegnare ai nostri figli sin da piccoli cos’è lo sport. Dobbiamo insegnare che certi risultati si ottengono con i sacrifici. Ma soprattutto dobbiamo insegnare che arrivare secondi o ultimi non è un disonore se si è dato il meglio di se stessi. Dobbiamo insegnare che se non ci fossero il secondo e l’ultimo non ci sarebbe neanche il primo. Dobbiamo insegnare che l’umiltà è la prima cosa per avere successo. E gli allenatori, i coadiuvanti, soprattutto nei più piccoli dovrebbero insegnare che prima di tutto ci si deve divertire cercando sempre di dare quello che si può. I bambini vanno stimolati. Dobbiamo far capire loro che lo sport non è “solo” quello che si fa sul divano con la Playstation, ma è quello che si pratica all’aria aperta, con gli amici, della propria e della squadra avversaria.

E noi amatori sempre più votati a diventare similprofessionisti, con squadre che finanziano l’amatore di turno per arrivare 100° ad una semplice Gran Fondo che dovrebbe essere una sorta di gita, non sarebbe meglio se finanziassimo un po’ di più le società di ragazzi che ormai hanno le risorse sempre più al lumicino? Fa sorridere il vedere società amatoriali con mezzi bellissimi tappezzati di sponsor quasi da Giro d’Italia e piccole squadre di ragazzini con pulmini vecchi di 20 anni. Sempre meno sono i ragazzi che si buttano in questi sport, forse perché proprio chiamati “minori”. Cerchiamo di cambiare, per poter un giorno rivedere l’Alberto Tomba e il Grillo De Zolt o la Belmondo e la Compagnoni di turno. Forse con un po’ di impegno ce la possiamo fare.

Marcello Gusmini